L’Italia affronta le disparità di genere attraverso la Missione 5 del PNRR e la Strategia Nazionale 2021-2026.
In linea con l’Agenda 2030 delle Nazioni Unite e la “Strategia Globale per la Parità di Genere 2020-2025” della Commissione Europea, anche il PNNR, con la Missione 5, intitolata “Inclusione e Coesione” ha affrontato la questione dell’inclusione femminile. La “Strategia Nazionale per la Parità di Genere 2021-2026” ha considerato le disparità di genere con riguardo a cinque aree: lavoro, reddito, competenze, tempo e potere.
A cinque anni di distanza dall’inizio, ecco come vanno le cose
L’Istat certifica purtroppo che nell’ultimo anno la missione è stata fra quelle con i risultati peggiori: oltre il 60% delle misure adottate sono stabili o in peggioramento. Nota positiva: sempre l’Istat ha accertato che rispetto a dieci anni fa, i miglioramenti sono stati discreti in tutte le aree.
Sono cresciute le offerte di servizi per proteggere e supportare le donne vittime di violenza ma, ed è la cronaca ad attestarlo, circa l’80% dei femminicidi avviene tra le mura domestiche, dato che non accenna a calare. Cresce anche la partecipazione delle donne al mondo politico ed economico. Il 26,4% delle Consigliere Regionali è donna, ancora poco, certo, ma nel 2013 era del 15,1% e anche all’interno delle Corti superiori e nel Corpo diplomatico le donne sono cresciute, seppur solo del 7%.
Inoltre, dal 2023 il tasso di occupazione delle donne con figli che ancora non vanno a scuola e quello delle donne senza figli è quantomeno tornato ai livelli prepandemici.
Timidi miglioramenti dunque si sono verificati ma è evidente che (fatta eccezione per il risultato brillante delle donne nei Consigli di Amministrazione seguito all’emanazione della Legge Golfo-Mosca sulle “quote rosa”) i progressi sono troppo pochi e troppo lenti.
I risultati nel resto del mondo
Il problema è italiano ma non solo. Mancano 5 anni al 2030 e non c’è un paese al mondo che abbia raggiunto il risultato massimo nelle quattro aree stabilite dall’Obiettivo 5 dell’Agenda ONU: leggi e vita pubblica, violenza verso le donne, lavoro e benefici economici, matrimonio e famiglia.

Lo attesta il “Rapporto 2025 sull’attuazione degli Obiettivi di sviluppo sostenibile” da poco presentato all’ONU e basato sui risultati delle misurazioni in 131 paesi nelle quattro aree di riferimento.
Naturalmente le situazioni dei singoli paesi divergono: Europa, Stati Uniti, Canada, Australia e Nuova Zelanda presentano numeri ben diversi da quelli delle altre aree. Ma i fatti sono fatti: soltanto 63 Stati hanno leggi sullo stupro basate sulla mancanza del consenso e ben 61 Stati (il 47% del totale!) prevedono leggi che includano almeno un divieto per le donne di svolgere occupazioni destinate agli uomini. E ancora. Solo 38 paesi prevedono i 18 anni come età minima per il matrimonio.
Chiaro che, con questi dati, la parità a livello globale non sarà raggiunta, secondo il Global Gender Gap 2025, che fra 123 anni! E altrettanto chiaro che tutti, ma proprio tutti, istituzioni e società civile, non possono sottrarsi dal fare la propria parte.
Valgano le parole del Presidente Mattarella: “uno degli obiettivi fondamentali della Repubblica è l’affermazione dell’effettiva parità di genere, il valore del principio di uguaglianza è sancito dall’articolo 3 della Costituzione non per mera enunciazione ma nella convinzione che costituisca una delle condizioni indispensabili per la realizzazione degli ideali della Repubblica, per il suo sviluppo sotto ogni profilo”.